Appunti della conferenza Diritto romano e scienze antichistiche nell'era digitale Firenze, 12-13 settembre 2011

12 settembre 2011, Relazioni della mattinata

Mario Citroni (Direttore dell'Istituto Italiano di Scienze Umane), Saluti

10.45 Gli strumenti digitali porteranno più interdisciplinarità nel mondo classicistico, come si augura Nicola Palazzolo (organizzatore del convegno)?

Nicola Palazzolo, "Il panorama degli studi antichistici nell'era digitale: problemi e prospettive"

L'inizio del lavoro del suo gruppo sulla digitalizzazione delel fonti giuridiche è negli anni Ottanta.

Oggi le tecnologie digitali vengono sì utilizzate, ma con la riserva mentale che si tratti solo di strumenti, che non alterano la natura del lavoro di ricerca. Oggi si usano solo per la conservazione del dato, non per la sua interpretazione.

In Italia la distinzione tra i settori scientifico-disciplinari è un problema per tutti i percorsi interdisciplinari. Esepio: il Consiglio Universitario Nazionale si è opposto alla creazione del nuovo settore dell'Informatica Umanistica, e l'unico corso di Informatica Umanistica in Italia è quello di Pisa.

Anche se non ci sono le strutture universitarie in Italia, c'è però movimento e lavoro a livello dei singoli studiosi.

I grandissimi progetti di digitalizzazione di testi di Google e Amazon (Google: 10-15.000 libri a settimana) hanno però limiti di metodo e un limite strutturale: ad essere digitalizzato è solo il libro come oggetto fisico, non tanto il suo contenuto.

Roncaglia ha giustamente indicato i limiti di queste imprese faraoniche (standard, copyright, pochi metadati etc.). Si perde in essi molta informazione. Gli standard di codifica di Google Books non sono noti. Si stanno spostando verso XML-TEI, ma ancora non ci sono. I loro standard oggi non sono quelli della comunità scientifica, quindi i loro testi non sono utilizzabili oggi a fini scientifici.

Inizi della digitalizzazione in ambito umanistico: creazione di CD-rom. Limiti: i CD-rom invecchiavano tecnologicamente; andavano aggiornati filologicamente; ogni CD-rom ha la pretesa di essere indipendente (manca, ad es., l'integrazione tra fonti giuridiche, papirologiche, epigrafiche etc.).

Il problema degli standard aperti: necessità di essere online, portabilità, codifica dei caratteri, programmi di gestione etc.

Non bisogna dimenticare (lo ricordava Orlandi in altra occasione) che lo standard TEI è pensato per testi nati digitali, non per la digitalizzazione di testi nati cartacei.

Le banche dati bibliografiche: necessità di standardizzazione.

Ricerca semantica: siamo in alto mare in ambito di informatica umanistica. La BIA (Bibliotheca Iuris Antiqui) ha sperimentato un Thesaurus di circa 10.000 termini. Ma molti Thesauri (incluso quello di BIA) non sono in formati standard e non sono interoperabili.

Potremmo risparmiare un sacco di energie se noi informatici umanistici conoscessimo meglio e applicassimo tecnologie già implementate in campi simili (ad es.: se i giusromanisti usassero tecnologie già sperimentate dai filologi testuali nel campo dell'attribuzione dei testi).

Le riviste specialistiche di studi classici spesso non sono online. Questo non aiuta la diffusione dei risultati della ricerca. Cause: resistenze accademiche; modalità di valutazione della ricerca da parte del Ministro.

Il settore più trascurato: la didattica delle discipline umanistiche.

11.30. Conclusione: non solo strumenti ma metodi. Su questo bisogna lavorare. Non bisogna solo usare strumenti altrui, ma penetrare le logiche dello strumento.

Alessandro Cristofori, "Strumenti digitali per la ricerca nelle discipline antichistiche: linee di sviluppo"

11.35. C'è stata davvero una rivoluzione digitale nei nostri studi?

Forse anni fa ci aspettavamo un cambiamento rivoluzionario e immediato. Invece è stato graduale e poco vistoso, ma reale. Oggi ogni progetto di ricerca classicistico comprende, almeno in maniera minimale, strumenti digitali.

Oggi siamo in una fase di integrazione tra strumenti tradizionali e digitali.

Effetti positivi che vediamo già: maggiore integrazione tra ricerca, divulgazione, ditattica; la parola scritta non è più l'unico linguaggio.

In cosa incidono oggi gli strumenti digitali nel nostro lavoro? Lo andremo analizzando campo per campo.

Ci sono pochi manuali digitali, ma ci sono molte guide (indici, sitografie con descrizioni, spesso digitali) ed enciclopedie sull'informatica umanistica.

Ma oggi tenere aggiornate queste guide risulta difficile per: crescita esponenziale delle risorse; vicende personali le persone che se ne sono occupate (ad es. della Rassegna di Cristofori; impegni accademici dei curatori etc.); mancanza di finanziamenti.

Resiste forse solo la guida del progetto Propylaeum (che ha integrato il progetto Kirche).

Forse oggi la cosa migliore per aggiornarsi sono le comunità virtuali, soprattutto www.digitalclassicist.org (collegato allo Stoa Consortium; con un interessante wiki).

11.45. Enciclopedie: Wikipedia. Sono stati digitalizzati Daremberg-Saglio e New Pauly Online. Purtroppo non ancora il Dizionario Epigrafico di Antichità Romane.

Noi abbiamo un privilegio: il nostro corpus di fonti testuali primarie è limitato, quindi possiamo ambire all'integralità della pubblicazione (non certo per le monete o i reperti archeologici, ma per i testi sì).

Migrazione dal supporto fisso (floppy, CD-rom) al web (cloud computing): esempi sono il nuovo Jacoby digitali o il TLG.

Altra tendenza: fonti con sempre più mark-up. Apripista: Perseus Project.

Epigrafia digitale. Finora si è lavorato su: banche dati testuali; banche dati di immagini; concordanze, indici, repertori. Tendenza attuale: unificare tutti questi aspetti.

Due modelli: modello database (EAGLE) e modello di marcatura dei testi (EpiDOC).

La papirologia è meno "litigiosa" dell'epigrafia. C'è una soluzione unitaria: papyri.info, che offre una ricerca integrata su diversi archivi 'storici' della papirologia.

Trattamento delle immagini digitali per rendere più leggibili testi di difficile decifrazione (papiri carbonizzati etc.).

Bibliografia secondaria: qui i cambiamenti sono evidenti e profondi. APh, Gnomon, Bulletin analytique d'histoire romaine etc. Tutte digitalizzazioni di strumenti nati come cartacei.

Prospettive dell'aggiornamento bibliografico: comunità virtuali (come quelle menzionate), magari per avere pre-prints; accademia.edu (molti contributi recenti e a testo pieno).

Localizzazione della bibliografia: OPAC, cataloghi collettivi (Zenon DAI), Meta-OPAC (Karlsruher Virtueller Katalog).

Reperimento della bibliografia full-text. Problema: grande crescita, ma bisogna riuscire a trovare la roba (Google books e Google scholar aiutano, ma non sono esaurienti).

Monografie full text (es: Cefael), ma spesso l'accesso è a pagamento (es.: Oxford Scholarship Online).

Riviste online (nate digitali): resiste la BMCR. Invece ci sono spesso rivieste che sono sia cartacee sia digitali. Meritorio è il servizio francese Persée che dà accesso gratuito a riviste classicistiche online. Invece JStor è a pagamento.

Archivi scientifici Open Access. Spesso sono gli stessi studiosi a mettere i loro scritti online. Modello ben affermato nelle scienze esatte e nel mondo anglosassone. Molte resistenze nel mondo umanistico e in Europa. Soprattutto, c'è molta confusione tra i diversi archivi (es.: HAL è un archivio nazionale francese; PLEIADI in Italia).

Alcune grandi biblioteche Open Access: Internet Archive (www.archive.org; opere non più protette da copyright); Google Books (ma c'è troppo copyright); Library.nu (migliaia di opere di recentissima pubblicazione, di dubbia legalità).

Pur con tutti i loro limiti, sono risorse preziose per chi ha accesso a biblioteche universitarie limitate.

Risorse a testo pieno: luci e ombre.

Luci: molto materiale disponibile (un 30-40% di quel che ci serve è disponibile).

Ombre: il sogno del Million Books-Library è svanito. C'è invece un milione di One-Book Libraries (Million One Book Libraries), in quanto ci sono troppe biblioteche digitali disperse.

Bisogni: migliorare l'OCR.

Rischi per il futuro: sopravviverà solo quel che stiamo digitalizzando? Cioè solo la produzione anglosassone? Gli studi letterari italiani contemporanei spariranno come gli scritti degli etruschi?

La scrittura digitale di testi specialistici. In questo caso abbiamo usato gli strumenti solo come strumenti e non per le loro potenzialità (autorialità diffusa, multimedialità, ipermedialità etc.).

12.05. Conclusioni. Un cauto ottimismo è lecito. Integrazione tra metodologie e campi di ricerca. Siamo in un momento in cui stiamo creando gli strumenti che si useranno nelle prossime decine di anni (come tra Ottocento e Novecento). Dobbiamo esserne consapevoli come lo erano Mommsen e gli altri allora.

Il power-point di questo intervento di Cristofori stasera sarà su accademia.edu.

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