Ulisse
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Parole: riscritture dell'Odissea nell'Età Moderna

La traduzione dell'Odissea di Ippolito Pindemonte

Ippolito Pindemonte (Verona, 1753-1828), amico del Foscolo e dei più importanti letterati del tempo, fu una delle voci più alte del neoclassicismo italiano.

Ippolito Pindemonte

Esordì in teatro con la mediocre tragedia Ulisse nel 1777. Il suo gusto poetico elegante e malinconico si trova a pieno nelle Poesie Campestri del 1788 (tra queste si trova la famosa odicina La Melanconia) e nelle Prose, di soggetto e di intonazione idillici. La sua opera più famosa è la traduzione dell’Odissea data alle stampe nel 1822. Soggiornò a Venezia presso il Palazzo Benzon, dove si teneva un salotto letterario al quale partecipavano importanti artisti e letterati, tra i quali Ugo Foscolo, con cui ebbe una breve discussione riguardo al trattato di S.Cloud. Egli inoltre soggiornò a Ca’ Rezzonico, uno dei più importanti palazzi del Canal Grande, in seguito all’estinzione dei Rezzonico e al passaggio di proprietà del palazzo prima ai Widmann e poi ai Pindemonte.

L’Odissea è per lui l'opera della nostalgia e dell’età adulta, se non proprio della vecchiaia: tutto il contrario, insomma, dell’Iliade, poema della violenza e della giovinezza.

Quando Pindemonte inizia nel 1806 a trasportare in italiano l’Odissea è, appunto, un uomo di oltre cinquant’anni, e decide di affrontare l’impresa soprattutto in virtù di un’autentica affinità elettiva con l’opera. La sua traduzione, che si richiama con equilibrio al classicismo settecentesco, si imporrà subito come testo canonico, accanto all’Iliade di Vincenzo Monti ma da essa ben diversa nel tono.

Dicono di lui...

Ugo Foscolo

L’Odissea, bellissima fra le sue belle cose, e quella che gli farà onore davvero.

Ugo Foscolo

Il Pindemonte non tradusse per tradurre: tradusse perché nella poesia dell’Odissea sentì una sua poesia.

Manara Valgimigli

La sintesi più personale fra predominante sensibilità preromantica e riflessi del gusto neoclassico è certo costituita dall’opera poetica di Ippolito Pindemonte.

Walter Binni

Per il Pindemonte essere poeta significava soprattutto vagheggiare e ricantare le belle immagini e le “fantasie” dei poeti più grandi (…) L’incontro con Omero, in una fase della sua vita in cui egli si credeva sulla via del declino letterario, fu così la sua salvezza.

Michele Mari

Tutti gli Italiani dovranno ringraziarlo per la traduzione dell’Odissea.

Luigi Settembrini

L'incipit dell'Odissea nella traduzione di Pindemonte

Nave su un affresco da Pompei

Musa, quell'uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
Gittate d'Ilïòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desïava i suoi compagni,
Ché delle colpe lor tutti periro.

Ippolito Pindemonte

Postilla: guarda un po' chi traduce Omero...

Giacomo Leopardi

Se è vero che ogni traduzione è una riscrittura, ed un'occasione per assistere ad un imprevedibile incontro tra due diverse personalità poetiche, quella dell'autore originario e quella del poeta-traduttore, i versi che seguono sono un 'evento speciale' della storia della letteratura: Leopardi traduce l'incipit dell'Odissea!

L'uom dal saggio avvisar cantami, o Diva,
Che con diverso error, poi che la sacra
Ilio distrusse, le città di molti
Popoli vide ed i costumi apprese.
In suo core egli pur di molti affanni
Nel pelago soffrì, mentre cercava
A se la vita, ed ai compagni suoi
Comperare il ritorno. ...

Giacomo Leopardi

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